Le Reliquie di Santa Elisabetta - 6 febbraio 2008 - Foto fGiulio




Santa Elisabetta:
patrona del nostro ordine

di fGiulio

Il 6 febbraio abbiamo avuto la gioia e l'onore di avere, nella nostra parrocchia, la reliquia di S. Elisabetta di Ungheria, patrona del nostro Ordine Francescano Secolare.
È stata una vera festa per noi, per tutta la Comunità parrocchiale e per le fraternità dell'O.F.S. "viciniori". La reliquia, giunta a noi da Milano, posta all'interno di una scultura di marmo bianco raffigurante due mani aperte con una rosa al centro, significanti la generosità e la bellezza di Elisabetta, limpida anima generosa, è stata collocata sull'altare (entrando in chiesa subito destra) dedicato a questa regina e al suo sposo Ludovico IV re di Turingia e dell'Assia, morto mentre era in viaggio per la V crociata.
I vari momenti di preghiera, preparati per vivere questa giornata, sono stati molto sentiti e partecipati sin dall'inizio: momento dell'accoglienza che ha visto la presenza non solo dei fratelli e sorelle della nostra fraternità francescana parrocchiale, ma anche di sorelle e fratelli di altre fraternità presenti sul territorio e non solo; come pure la celebrazione comune dell'Ora media. Dalle 12 fino alle 18 si sono alternati a gruppi per la visita e la preghiera in onore della Santa. Alle 18 la celebrazione della Veglia seguita dall'Eucaristia ha richiamato ancora molti fedeli per ringraziare il Signore del dono di S. Elisabetta. È continuata poi la preghiera personale e a gruppi fino alle 21. Il giorno successivo le reliquie sono state portate alla Parrocchia di Cantù presso la fraternità locale.

Proponiamo una breve sintesi della storia di Santa Elisabetta: una donna, una cristiana, una santa che molti non conoscono. Elisabetta, che ha solo quattordici anni e manifesta già una sensibilità spirituale d'eccezione che la spinge verso Cristo con l'amore appassionato della sposa, nutre per il marito un amore tenero e profondo, che viene da lui cordialmente ricambiato. Lo segue nelle numerose visite per il contado e si mostra trepidante e sollecita del bene del suo popolo. Dalla testimonianza di una delle domestiche, Isentrude, veniamo a sapere che quando Ludovico si assentava per qualche tempo dal castello, Elisabetta era solita darsi ad una preghiera più intensa, a veglie e penitenze. Da Ludovico ha tre figli, ai quali si dedica con amore, senza tuttavia trascurare il bene del suo popolo. Già da sovrana, coglie tutte le occasioni che le si offrono per condividere e sollevare la condizione dei più umili e bisognosi: tra di loro desidera stare durante i riti religiosi, come loro, quando può indossa povere vesti, per loro fila la lana con le sue ancelle e confeziona indumenti. È un sentimento di misericordia e comprensione per tutti i sofferenti che sembra nascere non solo da una religiosità profonda, ma anche da una delicatezza di sentimento che è uno degli aspetti più espressivi di questa santa, unica nel suo genere.
Il tratto più significativo di questa santità principesca sembra essere proprio il senso della maternità. Quando visita case in cui abitano molti bambini, li tratta con tanto affetto e familiarità che questi le corrono incontro chiamandola "mamma", le salgono in braccio, ed ella li stringe a sé, ne accarezza la testa ("anche di quelli sporchi, deformi e scabbiosi", dicono sempre le ancelle), e porta loro giocattoli, anellini di vetro e pentoline. Nel 1226, durante una lunga assenza del marito recatosi a Cremona e a Ravenna al fine di organizzare la crociata indetta da Onorio III, su tutta la Turingia si abbatte una grande carestia. In questa circostanza Elisabetta si avvale della sua autorità di sovrana per disporre una vera e propria "distribuzione razionata" di viveri in favore dei poveri, che fa attuare giornalmente attingendo anche dai depositi di riserve speciali da usarsi solo per eventi straordinari. Sono comportamenti che suscitano forti reazioni di dissenso alla corte e tra i nobili in genere e che, uniti al suo abituale modo di fare semplice ed umile e alla sua nota riluttanza a far uso di alimenti che siano stati procurati con la violenza o acquistati iniquamente, la rendono via via sempre più invisa alla famiglia reale. Il 12 settembre del 1227 Ludovico, che è in partenza per la crociata al seguito dell'imperatore Federico II, muore improvvisamente nel porto di Otranto. Quando apprende la terribile notizia, Elisabetta vive un momento di sconforto nel quale dà drammaticamente sfogo a tutto il suo dolore di giovane sposa privata del suo amore umano più grande.
Già da tempo considerata eccessivamente prodiga e mal vista per il suo stile di vita così poco "regale", nel giro di pochi mesi ella si trova vittima di una incruenta ma spietata congiura di corte. Ha solo 20 anni e tre bambini piccoli quando, espropriata di tutti i suoi beni, decide di lasciare la reggia ove non le si consente più di vivere seguendo la propria coscienza. Nell'inverno tra il 1227 e il 1228 si trova già errabonda e senza tetto. Quelli che seguono sono mesi di miseria e di fame che la vedono interprete altissima della "perfetta letizia" francescana, mentre va mendicando un po' di pane per le strade della città di cui è pur sempre sovrana.
Il ritorno dei crociati in Turingia con le spoglie del marito e il vigoroso intervento in sua difesa di Gregorio IX le consentono di rientrare nei suoi pieni diritti di sovrana. È questo il momento che Elisabetta sceglie per realizzare, non la vendetta, ma il suo desiderio di una sequela radicale del Signore povero e crocefisso: dopo aver garantito al figlio primogenito il diritto alla corona non appena abbia raggiunto la maggiore età, veste l'abito grigio della Penitenza e rinuncia legalmente ad ogni suo diritto e proprietà. L'ultima sua decisione di Langravia è la costruzione di un ospedale per i poveri a Marburgo, nel quale vuole una cappella dedicata a San Francesco, canonizzato da poche settimane. In quell'ospedale continuerà ad assistere quotidianamente poveri e ammalati: prepara loro il cibo con le proprie mani, li imbocca, li lava, li veste, li cura; sulla scia di Francesco, si fa carico amorevolmente anche dei lebbrosi, fino a che, estenuata dalle fatiche, nel novembre del 1231 si spegne a soli 24 anni.
"Prima che spirasse - scrive Corrado di Marburgo suo confessore - ne ascoltai la confessione e le domandai che cosa si dovesse fare dei suoi beni e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà era tutto dei poveri, e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto la tunica di nessun valore della quale era rivestita e con la quale volle essere sepolta. Fatto questo, ricevette il corpo del Signore".

Ma perchè S. Elisabetta è patrona dell'O.F.S. insieme al suo sposo?
Tutto nasce da S. Francesco che permette a molte persone, nobili e popolani, ricchi e poveri, uomini e donne, di abbracciare la forma evangelica da lui vissuta. Arrivati i frati a Turingia, poco dopo il 1221, (anno in cui Francesco istituì il Terz'Ordine e i suoi figli lo diffondevano ovunque) trovarono buona accoglienza da Langravio Ludovico e dalla sua sposa Elisabetta d'Ungheria. La duchessa, Elisabetta, conobbe e frequentò assiduamente i frati minori, forniva loro il panno di cui vestirsi, ed ebbe un primo confessore francescano, frate Rudiger-Ruggero, promise una vita penitente in una chiesa francescana: "Un venerdì santo, poste le mani sull'altare di una cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto quello che nel Vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare", attesta Corrado di Marburgo (un fatto che legittima esteriormente la scelta interiore della vita di penitenza già maturata da tempo). "Elisabetta ha vissuto pienamente il progetto di vita che san Francesco ha proposto ai fratelli e alle sorelle dell'Ordine della penitenza. E questo fatto, incontestabile, è più che sufficiente per ammettere la francescanità di Elisabetta".
Si legge, sempre dalle sue biografie, come la fama e la testimonianza di lei arrivò ben presto a Francesco che "fu particolarmente lieto dell'acquisto e parlandone col Cardinale Ugolino, poi Papa Gregorio IX, questi gli tolse dalle spalle il logoro mantello e gli ingiunse di mandarlo alla regale "pecorella di Dio" in segno di affetto e approvazione. Ubbidì il Santo, e accompagnò il presente con una lettera per rallegrarsi delle grazie che iddio elargiva a quella figlia di eccezione". Non mi sembra di dover aggiungere altro come risposta per, come leggiamo sopra: "Ammettere la francescanità di Elisabetta", e il suo essere diventata, insieme al marito che ha condiviso i suoi ideali cristiani e francescani, patrona dell'O.F.S. È allora "giusto e salutare" che ogni Fraternità dell’OFS approfondisca e coltivi con passione la memoria della sua Patrona, donna cristiana di eccezionale esemplarità, interprete eroica e geniale del carisma francescano secolare.